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Riforma della Crisi d’impresa: Cosa deve fare in concreto l’imprenditore

L’obiettivo perseguito dal legislatore con la Riforma del Codice della Crisi d’impresa è quello di evitare che si verifichi uno stato di crisi, pertanto, oltre a definire indicatori di allerta che palesano lo stato di difficoltà, si è concentrato sulla definizione di accorgimenti tesi a prevenirlo.

L’azione preventiva è basata, in primis, sull’introduzione dell’obbligo per l’imprenditore, che operi in forma societaria, di istituire adeguati assetti organizzativi. Gli organi di controllo dell’impresa hanno, tra l’altro, l’obbligo mantenere una costante vigilanza verificando il costante attivarsi dell’organo amministrativo in termini di adeguatezza dell’organizzazione e altre variabili rilevanti: l’equilibrio economico finanziario e il prevedibile andamento della gestione.

Gli imprenditori e gli amministratori sono quindi chiamati a rispondere sia nel caso di mancata adozione di un assetto organizzativo adeguato, se l’omissione abbia determinato (o concorso a determinare) un evento dannoso; sia nel caso adottino misure inadeguate che abbiano causato un danno per la società. In entrambi i casi la responsabilità discende da una condotta omissiva.

Una delle principali novità del nuovo Codice della crisi d’impresa, come detto, è la valorizzazione di procedure preventive, essa vuole evitare l’evento traumatico della crisi e preservare la continuità dell’esercizio di impresa.

I mezzi previsti dalla normativa per raggiungere questo obiettivo sono sia l’obbligo di organizzare l’impresa secondo modelli idonei a rilevare tempestivamente i segnali della potenziale crisi, sia il dovere, per l’imprenditore, di attivarsi con gli strumenti che l’ordinamento fornisce, al fine di prevenirla.

Per assetto organizzativo, amministrativo e contabile, la riforma, intende il complesso delle regole e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato a un livello operativo adeguato, ossia che l'assetto organizzativo sia in grado di garantire correttamente l'operatività di tutte le funzioni aziendali.

Non essendo possibile individuare attività standard per qualsiasi tipo d’impresa, quali sono le concrete modalità organizzative a cui sono tenuti gli imprenditori e gli amministratori?

L’organizzazione dell’impresa deve essere calibrata sulle specifiche dimensioni della stessa e idonea a rilevare e fronteggiare una crisi probabile o imminente. Nodo fondamentale è la descrizione dell’impresa, delle sue funzioni e dei suoi processi, nonché dei flussi informativi, questa analisi è funzionale all’individuazione delle attività potenzialmente a rischio, alla predisposizione di un progetto di controllo e all’organizzata e sistematica esecuzione di quest’ultimo. Il controllo inoltre non è opportuno sia eseguito pedissequamente con logiche di esclusivo riscontro, bensì con approccio gestionale e proattivo, infine, in chiave strategica.

Queste metodologie sono frequentemente riscontrabili nelle imprese di grandi dimensioni, tuttavia, la riforma ha voluto estenderle alle piccole e medie imprese che non potranno più esimersi da una valutazione periodica e integrata della situazione aziendale focalizzata sull’evidenziazione di eventuali debolezze strutturali e sull’elaborazione di piani che vi pongano rimedio.

In altri termini, la normativa ha reso obsoleto il paradigma dell’assoluta libertà di iniziativa nella gestione dell’impresa. L’imprenditore è, ora, chiamato ad esempio a muoversi attraverso precise previsioni di spesa sia per i singoli affari sia nel complesso e nell’ottica dell’equilibrio economico-finanziario. I controlli obbligatori riguardano si l’equilibrio finanziario ed economico ma, anche, la previsione dell’andamento dell’impresa e sono finalizzati a verificare che questa utilizzi strumenti idonei al controllo della sua attività. Solo lasciando traccia dello sforzo di monitoraggio continuo, l’imprenditore, potrà provare la propria diligenza organizzativa.

Nelle imprese meno strutturate sarebbe opportuno ipotizzare l’intervento di specifiche figure professionali esterne alle quali affidare attività di sistematico controllo, le quali dovranno produrre documenti e indicatori che l’impresa, seppur non esonerabile dalle proprie responsabilità, possa utilizzare per fornire prove circa il proprio sforzo organizzativo così da scongiurare l’attivazione della procedura di allerta.

Misurare la continuità aziendale è questa la vera sfida che gli adeguati assetti organizzativi sono chiamati a vincere. L’obiettivo della riforma è far evolvere le imprese da un’impostazione in cui le valutazioni sono compiute una sola volta l’anno verso un sistema che prevede un monitoraggio costante. Per ottenere questo risultato è necessario che l’azienda predisponga presidi volti alla rilevazione e alla misurazione della continuità aziendale. Fondamentale per raggiungere il risultato è intraprendere un percorso razionale e documentabile di rilevazioni e misurazioni, svincolato dai paradigmi aziendali e organizzativi tradizionali  che, soprattutto nelle P.M.I e nelle piccole e micro imprese, introduca un nuovo approccio culturale focalizzato su variabili molto spesso di natura qualitativa, di per sé difficilmente misurabili, che si affianchino a quelle più tradizionali, di natura economica e finanziaria, seppur rivisitate con taglio spiccatamente aziendalistico, gestionale e strategico.

La significatività e l’importanza di delegare a figure esterne tali aspetti deriva dal fatto che molto spesso gli amministratori e le figure interne sono così vicini alla variabile da misurare da non riuscire ad astrarsi da essa per formulare valutazioni imparziali che evitino di perdere il quadro d’insieme.

Per raggiungere questi obiettivi occorre stilare un elenco di variabili rilevanti che una volta individuate dovranno essere ponderate tra loro, identificando e pesando quelle maggiormente in grado di impattare sulla continuità aziendale, infine, devono essere calibrate una o più soglie di allarme in relazione a singoli indicatori sia rispetto alla loro congiunta valutazione. L’esito del processo dovrebbe essere una procedura condivisa il cui livello di formalizzazione deve essere allineato al grado di formalizzazione delle regole e dei controlli. Infine, la procedura deve, prevedere un’adeguata periodicità di rilevazione per consentire adeguati controlli allineati alle previsioni del Codice della crisi d’impresa.

Gli amministratori, ferma restando la loro responsabilità, devono identificare i soggetti preposti a rilevare nel corso del tempo lo stato delle variabili significative, attribuendo un valore convenzionale a ciascuna di esse, conseguentemente valutando il rischio per ciascuna di esse.

Parlare di previsioni, per molte imprese, risulta difficoltoso. La scarsa confidenza con simili approcci organizzativi, la migliorabile informatizzazione, la difficoltà di identificare dati e informazioni significativi, la proliferazione di soluzioni e softwares standardizzati, spesso, disorientano l’impresa che resta passiva rispetto all’opportunità offertale dalla riforma.

Non è raro che le piccole e medie imprese ritengano il budget uno strumento che mal si adatti al loro contesto, spesso lamentando una modesta visibilità temporale dei volumi e dei prezzi, in realtà, l'impresa che non si impegni per dotarsi di un budget non è in grado di affinare le competenze interne e resta più fragile nella gestione degli eventi. Istituire un controllo della gestione che, anche tramite la contabilità analitica, consenta un monitoraggio dei costi e dei ricavi e conduca alla predisposizione di un budget e all’analisi frequente e proattiva degli scostamenti rappresenta un percorso di accrescimento delle competenze manageriali. Il processo di costruzione del budget, per la sua trasversalità, induce il confronto interno e il dialogo che sono alla base di un sistema organizzato e, fondamentali, per migliorare la competitività aziendale.

Attenzione, un buon controllo della gestione potrebbe non produrre una previsione precisa, alcune variabili esogene sono fisiologicamente di complessa valutazione, ma rappresenta sempre un eccellente strumento di misurazione della performance che consente rapide correzioni con interventi incisivi e tempestivi, perché focalizzati. Soprattutto l'impresa che si dichiari incapace di redigere il proprio budget riceve grandi benefici dall’introduzione del controllo della gestione che, se pragmaticamente strutturato, non è un mero strumento di compliance legato alla norma vigente, bensì un progetto di crescita interna e di sviluppo di competenze.

 

Federico Cocchi

CEO Strategic Business Service Srl